Alle 12 in punto, all’ora del rintocco delle campane, risuona in Piazza Sant’Oronzo a Lecce la voce inconfondibile di uno dei suoi figli più illustri. Il timbro di grazia, le mezzevoci e le filature scevre da ogni singhiozzo di Tito Schipa, segnano il mezzogiorno dei leccesi e dei visitatori.Ma chi era Tito Schipa? Uno tra i più grandi tenori della storia dell’opera, nato a Lecce sul finire dell‘800 e vissuto a Milano negli anni della formazione, a Napoli dove conobbe i primi successi con una Tosca leggendaria e poi all’estero, in Spagna prima, negli Stati Uniti poi, passando per il Sud America. Fu applaudito anche dal pubblico di tutto il pianeta, con la sola esclusione della Cina e del Giappone.
Raffaele Attilio Amedeo, detto Tito “piccoletto”, si impose alle cronache artistiche e mondane internazionali, vantando un’inestimabile carriera nella lirica e nel teatro, dove conquistò il titolo di massimo interprete di ogni tempo fino a guadagnare cifre vertiginose che sperperò con abilità diabolica, rimbalzando continuamente dalla classifica degli uomini più ricchi del mondo a quella di bersaglio ideale per le stangate di ogni tipo.
Accanto ad Eduardo De Filippo e Peppino De Filippo debuttò sul grande schermo con “Tre uomini in frac”, una pellicola del 1932, andata perduta.
Partendo dalla sua casa del centro storico leccese, nel quartiere delle Scalze, ripercorriamo le tappe che hanno segnato la sua vita, attraverso le parole di Gianni Carluccio, l’ingegnere responsabile dell’archivio della Fam. Schipa, apparentato con il tenore che ce lo racconta fino all’ ultimo viaggio in cui fece ritorno nella sua amata Lecce, dopo un arresto cardiocircolatorio che lo portò nel cimitero monumentale della città Chiesa, accanto alla splendida basilica dei Santi Niccolò e Cataldo.
2014-07-15