A Muro Leccese nel frantoio semi ipogeo della famiglia dei Protonobilissimo un anonimo nachiro affidò alla pietra una delle più cruente battaglie combattute tra turchi e cristiani: La battaglia di Lepanto. Un episodio della storia così lontano nel tempo eppur così vicino per il terrore che ancora suscitava. Sulle pareti disadorne di quel laborioso oleificio raffigurò una composita scena che si presta tuttora a molteplici interpretazioni. Nella scenografia del conflitto tra Islam e cristianesimo dominava una città fortificata con due torri angolari munite di cannoni; in cima ad una di esse sventolava la bandiera con il nome di Messina. La presenza della città di Messina, la base militare dell’armata Cristiana durante la battaglia di Lepanto, potrebbe far presupporre che uno o più elementi delle iurma avesse preso parte ad una delle più importanti battaglie della cristianità. La costruzione dei frantoi ipogei o semi-ipogei (definiti anche trappeti o trappiti, in dialetto locale) era favorita rispetto alle tradizionali costruzioni per un a serie di motivi: tramite alcuni fori posti al livello del manto stradale, lungo la facciata frontale, denominati “sciave“, era possibile riversare le olive raccolte nei campi e trasportate dai carri all’interno delle vasche dove riposavano in attesa della spremitura.
Usciamo soddisfatti da questo luogo, con la consapevolezza di aver vissuto, anche se solo con l’immaginazione, la storia che hanno conosciuto i nostri avi e che è stata impressa, non si quando, da chi e perchè, sulle pareti di questo frantoio con poche semplici linee.
2015-02-07