Può essere che le sconfitte siano come le ciliege; che cioè una tiri l’altra (il Lecce è alla terza consecutiva sconfitta), ma questo non basta a spiegare i clamorosi effetti di questa sindrome che ha tolto al Lecce le qualità, le geometrie, la lucidità, la tanto sbandierata superiorità e quindi la capacità di vincere.
Ma andiamo al racconto di questo infernale pomeriggio al via del mare:
“Toh, è scoppiata la primavera”, avranno pensato i ragazzotti sudtirolesi, qualcuno dei quali con maglietta a maniche corte, catapultati dai meno quattro gradi di Bolzano e Bressanone ai dieci del via del mare mentre per noi indigeni quei nove dieci gradi sono motivo sufficente per disertare lo stadio ventilato a vantaggio di un caminetto crepitante e magari un calice di “Lagavulin” o di “Cardenal Mendoza”: sugli spalti meno di quattromila votati al sacrificio e . . . al raffreddore. Il Sudtirol avvia la partita con piglio frizzante, quasi sfrontato al cospetto della prima della classe che invece vivacchia . . . in attesa! Non è ben chiaro in attesa di che; il fatto è che i primi quindici minuti di partita si giocano prevalentemente in una sola metacampo; quella del Lecce; Benassi ha il suo bel daffare. Stando così le cose il Lecce si affida alle ripartenze(chiamiamole meglio: fiondate in avanti) scarsamente confortate dalla precisione dei cross conclusivi.
Episodio curioso e per certi versi sconfortante al 22°: Giacomazzi tocca (probabilmente) palla con il braccio, l’arbitro lo ammonisce la panchina (forse, ma non si hanno certezze) sussurra qualcosa di poco elegante che non sfugge all’apparato auditivo del quarto uomo o chi per lui; Lerda viene invitato a raggiungere la tribuna tra il disappunto della tifoseria giallorossa; fuori anche il dottor Palaia per (si immagina) solidarietà verbale. Intanto il film della gara si srotola inalterato: sono prevalentemente i bianchi atesini a dirigere le operazioni con il Lecce . . . in attesa. Quarantacinque minuti di gioco in attesa di capire di cosa si sia in attesa! Sudtirol mai in affanno, raramente in difficoltà, ordinato, manovriero e certamente insidioso più del Lecce che, per dirla con la necessaria chiarezza, insidioso non è mai stato.
Alla ripresa del gioco i giallorossi mostrano maggior intraprendenza, ma anche inclinazione allo spreco: al 5° in area ospite ci sono tre maglie giallorosse contro una bianca, Foti spara ben lontano dalla porta! Forse in campo non si è capito che a torto o a ragione, questo arbitro, non tollera le proteste; non lo ha capito Foti che(10°) protesta e viene espulso per . . . peccato di lingua. Fuori Giacomazzi e Falco per far spazio a Jeda e Pià, ma il gioco del Lecce continua a dare l’impressione della improvvisazione, del rabberciato con poche idee pur palesando, questo va riconosciuto, tanta volontà ed il cuore antico; ma al momento ciò non basta. La foga agonistica ma confusionaria dei giallorossi obbliga gli avversari ad arretrare in copertura senza però rinunciare alle ripartenze.
Lerda, dalla tribuna, ordina il terzo cambio: De Rose per Memushaj, ma dopo un solo minuto accade il pasticciaccio: Disimpegno difensivo alla carlona, palla all’avversario che appoggia sulla destra al coraggioso Pasi che dalla lunga distanza fionda il suo destro oltre l’impietrito Benassi: il Sudtirol raccoglie così il frutto della sua migliore disposizione in campo e della sua intraprendenza. Se ve ne fosse bisogno legittima la meritata vittoria colpendo un palo netto a Benassi fuori causa!
Si dirà poi che siamo in testa alla classifica, il che è vero, ma ci si domanda: fino a quando con questo andazzo ?