Si avvicina il giorno dell’IPv6.

L’8 giugno sarà una tappa importante per il futuro del World Wide Web. In questa data è, infatti, in programma, la giornata mondiale dell’IPv6, il protocollo Internet a 128 bit che dovrebbe scongiurare il rischio di collasso della Rete, ormai sovraffollata all’eccesso, ed evitare quella che qualcuno ha definito “IPcalypse”, ovvero, l’Apocalisse del Web.

Ma partiamo con lo spiegare cosa sono questi “IPv”. Ogni volta che ci connettiamo ad internet ci viene consegnato un indirizzo IP o numero identificativo, un po’ come il numero civico di casa nostra, con la differenza, che cambia ogni volta.

Tutto iniziò negli anni ’80, quando vennero distribuiti i primi indirizzi IPv4. Si trattava inizialmente di un esperimento; nessuno, all’epoca, credeva si sarebbe mai arrivati a questo punto, all’esaurimento, cioè, di 4 miliardi di indirizzi IP. Eppure, adesso, ci ritroviamo a dover fare tutto di fretta, sostituendo gli indirizzi IPv4 a 32 bit con gli indirizzi IPv6 a 128 bit. Fra quattro mesi, dunque, saranno testati i server commutati al nuovo standard, con l’obiettivo di verificare se l’infrastruttura su cui poggerà l’Internet di domani sarà in grado di reggere il passaggio al nuovo standard di comunicazione telematica. Una prova, in altri termini, per avere quelle garanzie, oggi solo parziali, che permetteranno di portare il traffico on line sul nuovo protocollo evitando che la grande ragnatela telematica vada disastrosamente in crash. Il passaggio all’IPv6 è quindi un appuntamento irrinunciabile, anche perché gli internauti del pianeta continuano a crescere e sono arrivati oggi a circa due miliardi. Il punto è però un altro: in che condizioni arriverà la Rete e i suoi milioni e milioni di utenti all’appuntamento in questione? Cosa succederebbe se per davvero il sistema globale di Internet dovesse smettere di funzionare? Anche solo per un periodo di tempo molto limitato?

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