Strage di Capaci: ricordo e monito sulla facciata del Tribunale di Lecce

Da giorni una grande foto campeggia sulla facciata grigia del Palazzo di Giustizia di Lecce. Chi passa da lì, lungo Viale De Pietro, non puo’ non notarla. Quell’immagine ti cattura, ti ipnotizza e ti lascia addosso una sensazione agrodolce. Dolce quella sintonia tra due grandi uomini che all’insegna dell’amicizia e della lotta comune hanno sempre agito, fino alla morte. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due storie il cui significato oggi più che mai si fa sentire forte, in chi crede ancora che la mafia, le organizzazioni criminali e ogni forma di violenza possono essere sconfitte, insieme, unendo le forze e alzando la testa. Su quell’immagine, voluta lì dall’Associazione Nazionale dei Magistrati, c’è una frase: “Perché quel sorriso viva per sempre” e poi una data, quella del 23 maggio 1992, la “strage di Capaci (presso il km 5 della A29, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine viene azionata per telecomando da Giovanni Brisca, il sicario incaricato da Totò Riina)”. Ed ecco il sapore amaro della vita. Una triste data, che ha segnato profondamente tutto il Paese. Quel giorno l’Italia intera, sgomenta, trattiene il fiato per la sorte delle vittime con tensione sempre più viva e contrastante. Ad un’ora e sette minuti dall’attentato, Giovanni Falcone muore. Insieme a lui morirono anche i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e la moglie Francesca Morvillo. Un nome che in questi giorni riporta quell’amarezza, dopo l’attentato presso l’Istituto professionale “Morvillo Falcone” di Brindisi, in cui ha perso la vita la giovane Melissa.

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